Prof. Erasmo Baldini, Presidente AVIS Provinciale
Ringrazio il Dott. Rubbiani dell’invito a partecipare a questo importante incontro sull’argomento “salute” fatto alla nostra Associazione: l’ AVIS Provinciale di Modena.
Io, qui, rappresento l’AVIS, Associazione Volontari Italiani del Sangue, o meglio rappresento colui che dona il proprio sangue, che è una delle massime espressioni del volontariato; il volontario che dona esprime, con il suo gesto, il più elevato concetto della cultura della solidarietà.
Nella nostra provincia l’AVIS è un’organizzazione costituita da 27.000 donatori di sangue, suddivisa in 52 sezioni comunali; in ogni comune della nostra provincia c’è una sezione comunale; anche nel più piccolo comune la nostra associazione è presente e rappresentata.
L’Avis nella nostra provincia non ha solo compiti associativi, ma ha anche compiti relativi alla raccolta del sangue e del plasma secondo quanto prevedono le normative nazionali e regionali.
L’Avis è un’associazione della quale dobbiamo essere orgogliosi; ha dei numeri che sono importanti ed è giusto che siano ricordati perché rappresentano qualcosa che non deve essere valutato come un primato, quanto come un’affermazione dello spirito di fratellanza e di solidarietà della gente che vive e lavora nella nostra città ed in tutta la nostra provincia.
Da anni abbiamo raggiunto l’autosufficienza; siamo cioè in grado, non solo di far fronte al bisogno di sangue e di emocomponenti e di emoderivati delle strutture ospedaliere pubbliche e private della nostra provincia, ma anche di mettere a disposizione sia a livello regionale che nazionale, per provincie meno fortunate della nostra, importanti quantitativi di emocomponenti, di sangue e di plasma.
Siamo orgogliosi non solo di appartenere a questa Associazione, ma anche di fornirvi questa valutazione che tutti coloro che operano nel mondo della sanità locale e nazionale riconoscono all’associazionismo modenese nel campo del volontariato del sangue.
La parola “salute” è strettamente collegata alla finalità del donatore: dona per dare salute o meglio ancora per dare vita a chi corre il rischio di perderla, ma nel contempo chi dona ha il diritto che nel donare sia salvaguardata la sua salute; la salute è da considerarsi come il sinonimo dell’obbiettivo cui tende la nostra associazione. I malati che ricevono il sangue dei nostri donatori hanno il diritto di ricevere un sangue “sicuro”; conseguono a ciò una accurata selezione del donatore e attenti e ripetuti controlli di laboratorio e clinici. Da questi controlli consegue di riflesso un continuo monitoraggio a tutela della salute del donatore.
Il nostro statuto prevede, tra i compiti prioritari, non solo l’organizzazione associativa, la promozione della donazione di sangue e la sua raccolta, ma anche la tutela della salute del donatore di sangue; questa tutela è fondamentale non solo a scopi promozionali per il significato di controllo continuo a scopo preventivo che tale tutela nasconde (vedi tutti gli esami di chimica clinica periodici annuali e gli esami sierologici che vengono fatti ad ogni donazione), ma anche e soprattutto per garantire, nel modo più sicuro possibile, il paziente che riceve il sangue, che, oltre a ricevere una terapia sicuramente efficace, riceve un sangue sicuro ed innocuo. Il donatore stesso nel donare sangue è conscio di fare un atto di altissima solidarietà, ma vuol fare anche una donazione che possa contare in termini di migliorare la salute del paziente e non di creargli un danno. In questo doppio concetto è appunto rappresentato il massimo di unità tra i due termini: salute e volontariato del sangue.
Recentemente è stato promulgato un Piano Sangue e Plasma Nazionale ’99-2001, approvato dalla Conferenza Stato-Regione, che delinea compiti, finalità, ed azioni dirette a raggiungere in campo nazionale “in primis” l’autosufficienza di sangue ed una migliore organizzazione ed una razionalizzazione delle struttuture trasfusionali pubbliche con l’attivazione di nuovi obiettivi in merito alla sicurezza trasfusionale, delineando la creazione un sistema nazionale di emovigilanza. La nostra Associazione, attraverso il controllo sistematico di vari parametri su ca. trentamila soci, compresi tra i 18 e 60 anni con una netta prevalenza tra i 18 e 40, è in grado di mettere a disposizione per un “progetto salute” importanti rilievi epidemiologici di vario interesse, soprattutto nel campo delle malattie trasmissibili con il sangue (epatiti, infezioni da HIV, ecc.).
La conoscenza e diffusione di informazioni di carattere scientifico e medico possono promuovere nell’intera popolazione stili di vita e modelli di comportamento capaci di migliorare i livelli di salute.
Oggi molto spesso sentiamo parlare di “cittadino competente, di cittadino informato”; la nostra promozione alla donazione di sangue fatta in ogni sede, soprattutto nella scuola, tende proprio a questo: indicare delle regole di vita, dei comportamenti sessuali, che devono essere propri di questo tipo di volontariato e che solo attraverso il rispetto di queste regole e principi può considerarsi tale.
Di fronte all’Assessore Regionale della Sanità ed alle due autorità amministrative della nostra sanità provinciale, il dottor Rubbiani ed il dottor Cavina desidero accennare al principio dell’integrazione.
Da tempo noi sosteniamo che il sistema trasfusionale deve essere integrato: deve esistere una precisa integrazione tra le due Aziende Sanitarie (Ospedaliera e Territorio) e l’AVIS che gestisce non solo il donatore di sangue per tutto ciò che riguarda la sua vita associativa e la sua salute, ma anche la raccolta del sangue e di plasma nelle sue sei sedi di Unità di Raccolta e nei vari punti di raccolta mobili secondo precise indicazioni regionali. Esistono tra queste strutture dei patti collaborativi molto importanti che sino ad oggi sono stati efficientissimi e hanno dato modo di creare un sistema trasfusionale provinciale di prim’ordine. Come bene esplicita il piano su citato, dobbiamo realizzare nella nostra provincia un sistema collaborativo più integrato attraverso la creazione di un Dipartimento Trasfusionale che potremmo definire Provinciale od inter – Aziendale dove si possa insieme razionalizzare il sistema, programmare le attività, analizzare e risolvere i punti critici. Cito quanto a proposito riporta il Piano “l’organizzazione dipartimentale, cosi come prevista dal DLgs 502/92 e successive modificazioni nonché dal Piano sangue e plasma Nazionale 1994-96, costituisce un prezioso strumento per la razionalizzazione del modello organizzativo a livello locale delle strutture trasfusionali”.