Intervento Barbolini

Il ruolo degli enti locali nel controllo e miglioramento della salute dei cittadini
Giuliano Barbolini, Sindaco Comune di Modena – Presidente Esecutivo della Conferenza Sanitaria Territoriale

Avere l’ambizione di concludere una discussione di questa ampiezza è un compito che non mi ascrivo. 
A me sembra di dover sottolineare una cosa, giustamente già stata detta in diversi interventi che esprime qual è lo spirito con cui Aziende sanitarie e Istituzioni locali hanno promosso questa giornata, questo appuntamento.
Dovevamo, in qualche modo, sottolineare l’avvio di un percorso che ha alle spalle momenti di ricerca, di approfondimento, di interlocuzione ma soprattutto volevamo, con la giornata di oggi, segnare un momento in cui si apre un tema di elaborazione, di coinvolgimento che possa essere il più ampio possibile.
Sapendo che uno degli obiettivi che dobbiamo cercare di perseguire è quella di dotarci anche di un linguaggio comune, che sia condiviso come approccio, stiamo trattando una questione – dico per estremizzare – che si presenta da un lato come un problema di comportamenti e di stili di vita individuali e dall’altra parte quale problema di cambiamento dei modelli di comportamenti e di costumi più generali, pertanto c’è il rischio in questa dicotomia di rimanere divisi, di non riuscire a trovare un equilibrio.
La signora Piccinini, a nome della Organizzazione Sindacale ci ha amabilmente richiamati sul fatto che, forse, in questi mesi gli enti locali hanno dimostrato una certa inadeguatezza sul tema ed è invece prevalso un atteggiamento di delega nei confronti delle tecno-strutture delle aziende.
Io penso che questa osservazione sia appropriata. In realtà non si è trattato di incapacità a interpretare un ruolo, o una non volontà di interpretazione, anzi si è cercato, appunto in questo periodo, di iniziare a pensare quali possono essere i percorsi, le direttrici attorno alle quali concentrare un impegno per costruire delle linee di lavoro, delle linee di azione, proprio per evitare il rischio di non riuscire a sviluppare delle operazioni che possano incidere significativamente sui comportamenti e sui risultati in termini di piano di salute.
Al tempo stesso però esiste la preoccupazione di costruire dei percorsi che abbiano dei margini di concretizzabilità onde evitare, sostanzialmente, di fare ogni tanto solo un convegno in cui si predicano delle cose e non si riesce, invece, ad incidere sulle situazioni di fatto.
Ritengo che sia molto importante, in realtà, cercare di non dover ripartire da capo su questo argomento, perché molte sono le azioni politiche messe in atto in questi anni riguardo al tema della qualità della vita, e che quindi incidono positivamente sulle condizioni di salvaguardia della salute e delle nostre popolazioni e nonostante qualche “demenziale” classifica di qualche organo di informazione che, ad esempio, ha individuato come fattore determinante, per misurare il livello della qualità della vita “il clima”, appare assolutamente scontato che il clima della Sicilia è migliore di quello dell’Emilia-Romagna, quindi sarebbe più opportuno individuare ulteriori fattori.
Ci sono aspetti che, per fortuna, vengono sviluppati nella nostra Regione, soprattutto se pensiamo allo sforzo operato per applicare il modello dell’Agenda 21 sulle politiche ambientali, per la salvaguardia e la tutela delle condizioni di sostenibilità dello sviluppo; mi pare che questi elementi siano elementi che hanno dei riflessi e delle interdipendenze molto forti con il territorio.
In realtà, però, c’è una cosa che attraverso le iniziative di oggi e, soprattutto, attraverso l’approccio che abbiamo scelto, mi sembra importante sottolineare. Noi queste politiche le facciamo, ma non sempre queste politiche sono costruite in maniera integrata tale da cogliere gli elementi di interdipendenza e di interrelazione esistenti che possono garantire un approccio critico al problema. Ad esempio, riferendomi ad una nostra esperienza, abbiamo scelto, pur sapendo che trattavamo una materia un po’ delicata, di adottare il provvedimento di restrizione della circolazione, un giorno alla settimana, delle auto non catalitiche per ridurre l’eccesso di benzene e di altri inquinanti nell’atmosfera e nell’aria che respiriamo. La ratio di questo provvedimento non è fare un dispetto agli automobilisti, ma incidere appunto sui fattori di salute. Essendo partiti da un’impostazione rigorosa e scrupolosa non si è adottato un criterio di maggiore trasversalità nella lettura di questi fattori che forse avrebbe permesso la costruzione di politiche di informazione, di sensibilizzazione, di coinvolgimento che avrebbero comportato l’assunzione di una maggiore consapevolezza critica da parte dell’opinione pubblica in generale e degli utenti più in particolare e che, indubbiamente avrebbe amplificato la portata di un intervento di tale natura e soprattutto garantire una percezione e una maggiore opportunità di azioni che incidano sui comportamenti.
Analogamente pensiamo alla vicenda “mucca pazza” che ha assunto caratteristiche da drammi apocalittici che generano riflessi devastanti sull’opinione pubblica. Indubbiamente il tema della filiera alimentare presenta molti elementi che richiedono di essere ripensati, rivisti, ricondotti all’interno, e ciò mi pare assolutamente indispensabile se si vogliono fare politiche della salute . Non si può quindi arrivare all’ultimo stadio con una manovra, o con un’iniziativa che introduce il divieto di consumare un prodotto o un altro. Insomma, quello che mi interessa sottolineare è che da uno sforzo come quello che oggi vogliamo condividere si può generare un meccanismo che meglio raccordi le nostre politiche ed le nostre azioni. La comunicazione è un elemento importante, da più parti sottolineato, soprattutto alla luce delle esperienze dei comitati misti; si esprime l’esigenza di socializzare gli elementi di conoscenza, e non solo informazione, per elevare la soglia di capacità, di valutazione delle politiche, delle azioni. Questo è un tema assolutamente importante su cui ragionare, su cui interrogarsi e su cui costruire anche delle strategie di medio-lungo periodo.
Un’altra avvertenza. Non possiamo pensare, almeno questa è la nostra opinione, e come sindaci ne abbiamo ragionato, che il nostro piano di salute sarà immediatamente il più organico, compiuto e onnicomprensivo, perché se partiamo con questa idea rimarremo schiacciati dalla complessità. Io sono d’accordo con alcune considerazioni che sono state avanzate sul fatto che un disegno ricco, esiste e quindi c’è la necessità di individuare delle modularità, di sviluppare delle relazioni, delle politiche che abbiano un elemento di coerenza e che ci consentano intanto di testare, di verificare e di fare avanzare un elemento di diffusione degli elementi di cultura e di consapevolezza.
In realtà, quello che è fondamentale in questa impostazione è riuscire a fare una cosa che dal mio punto di vista, è forse la cosa più ambiziosa e rilevante e anche forse molto complicata da riuscire a rappresentare. Il tema vero che se riusciamo a svolgere questa funzione e a collocarci in questo orizzonte e darci questo tipo di piattaforma, forse, riusciremo anche, come sistemi locali a svolgere una funzione politica di scelta, di selezione delle priorità, di individuazione delle azioni che debbono essere sviluppate; attraverso questa azione politica riuscire ad incidere anche sulle pianificazioni settoriali anche in riferimento alle competenze tecniche e alle aree professionali. Uno dei veri rischi in cui potremmo incorrere è quello di avere un approccio dei temi di salute, se non riusciamo a leggere questa dimensione in termini di qualità e di organicità, che approda in competenze e interventi in materia squisitamente socio sanitaria e socio assistenziale, quando invece l’operazione dovrebbe essere capovolta e dovrebbe portare a individuare obiettivi di piani di salute e di linee di intervento. Fare un’operazione in qualche modo che incida, come dice il piano di salute sul tema delle malattie cardiovascolari o sul tema delle patologie tumorali significa, ovviamente, da un lato fissare degli obiettivi di prevenzione, di stili di vita, di interventi di attenzione sulle condizioni generali di organizzazione, della qualità e dei sistemi di mobilità sul territorio e sui comportamenti alimentari, ma anche costruire le condizioni per una domanda da rivolgere al sistema sanitario perché quel sistema sanitario corrisponda, attraverso quella domanda a un riposizionamento e una modificazione delle strutture consolidate che erogano servizi e prestazioni verso la salute. Ciò vale soprattutto rispetto ad alcune tipologie di intervento e di funzionamento della rete dei presidi sanitari e delle prestazioni ospedaliere, ma vale anche nel rapporto fra prestazioni e azioni di prevenzione e attività specialistiche, organizzazione e funzionamento complessivo dell’offerta delle prestazioni dei servizi di tutela sanitaria.
Faccio un esempio, anche se potrà sembrare inappropriato però è necessario per un economia di ragionamento: noi abbiamo avuto in città, in una certa fase, un problema critico che ha riguardato il tema della moc, espressione di un forte impegno verso la popolazione anziana che anche attraverso le organizzazioni sociali degli anziani ha consentito di sviluppare questo tipo di presidio. Io non sono un tecnico e quindi rifletto soltanto opinioni che ho raccolto nella sfera dei professionisti, ma forse, non è detto che quel tipo di prestazione fosse proprio così necessaria per tutta la generalità degli attori che erano coinvolti e forse quel tipo di, fra virgolette, mal funzionamento di quel segmento dell’offerta del sistema sanitario era tale perché era dentro un meccanismo sbagliato di espressione di una domanda e di modulazione di un percorso di risposta.
Allora qui entra in gioco ancora una volta la straordinaria funzione di un piano di salute che ha il compito di individuare la necessità di fare una serie di azioni verso un target, la popolazione anziana, o verso altre tipologie di situazioni critiche, ma, deve però anche individuare quali sono le azioni positive, più corrette, più appropriate da sviluppare che magari insistono di più su altri tipi di screening, di test, che insistono di più su altre modalità comportamentali e che attraverso questo organizza una domanda verso il sistema dell’offerta delle prestazione e magari determina anche dei riposizionamenti.
Nel piano della salute bisogna sapere che ci sono delle potenzialità molto ricche in termini anche di efficienza-efficacia del funzionamento del sistema degli erogatori delle prestazioni, ma bisogna anche sapere che ci vuole da parte di tutti coloro che stanno dentro questo sforzo di elaborazione e di ricerca progettuale, la disponibilità a una cessione di un quid, anche modesto, di autonomia e autoreferenzialità per costruire, invece, politiche che siano davvero integrate perché, altrimenti, la sommatoria di una serie di aspettative e di istanze non produce un risultato che è quello di un piano su cui si può fare sintesi, ma produce un risultato di una situazione che fa semplicemente esplodere una domanda rispetto alla quale, poi, la possibilità di corrispondenza è assolutamente inadeguata.
Allora mettersi nell’ottica di un ragionamento sul piano di salute ed un patto per un piano di salute significa davvero assumere degli obiettivi primari di salvaguardia dell’interesse generale collettivo ma anche assumere una disponibilità per la concertazione nel quale ognuno deve essere disponibile ad ascoltare le ragioni degli altri soggetti e soprattutto cercare di trovare i punti migliori di definizione delle politiche, delle strategie, delle azioni che devono essere sviluppate.
L’ultima considerazione riguarda il ruolo degli Enti Locali. Fare un’operazione di questo tipo significa guidare in qualche modo, fare i cermen di un’operazione che ho cercato di tratteggiare però significa anche investire molto in termini di energie e di risorse.
Certamente come diceva Fattori non è un problema di ufficio fare il piano per la salute, ci sarà qualcuno che, magari, deve stema non riguarda solo la sanità. Questo è un tema che chiama in causa anche quelle felici forme di esperienza concertative che la Regione sta cercando di seguire anche in altri segmenti come ad esempio in tema di politiche di sicurezza urbana; un tema su cui né la regione né gli enti locali hanno competenze però ci siamo inventati un ruolo sia per gli uni che per l’altra e che sostiene anche lo sforzo degli enti locali. Allora, attorno a questa questione credo sia necessaria una riflessione, sperando di avere proposto un ragionamento politico in cui ognuno può contribuire, che questo disegno, progetto veda anche una riflessione da parte della Regione e anche di chi ha promosso i piani ed i progetti, cioè il governo nazionale. Lo dico con una duplice motivazione: el servizio sanitario pubblico, il sistema di protezione sociale e di alcuni elementi importanti dal punto di vista della tutela della salvaguardia dei soggetti deboli e delle condizioni generali di tutela di salute nelle nostre comunità possono diventare un terreno e un discrimine anche di impostazione politico-culturali, e allora, è importante investire e lavorare in questa direzione, creare dei presupposti per poter svolgere una funzione politica quale quella che l’Emilia-Romagna ha sempre saputo interpretare e lavorare in questo campo a partire dalla sanità ma anche più complessivamente sotto il profilo proprio delle politiche di sviluppo e di qualificazione delle condizioni di qualità di vita delle popolazioni nelle diverse realtà locali.
Con queste considerazioni quindi, sulla base della scaletta e del percorso che Fattori ha fatto vedere non faremo altro che promuovere ulteriori fasi di sviluppo andando ad approfondire la dimensione dei distretti. Nella dimensione dei distretti è bene che ci sia un ruolo della Provincia non solo come sostegno dei comuni più piccoli, ma esercitare una funzione di visione complessiva nell’ambito delle singole articolazioni distrettuali; faccio questa sottolineatura perché credo che sia necessario che la filiera degli enti locali riesca a sprigionare delle politiche il più possibile integrate e dentro queste azioni noi affronteremo anche quel confronto che ci sollecitavano i sindacati, più specificamente riferito anche ad un adeguamento delle modalità di verifica dello stato di attuazione delle politiche. Credo che l’esperienza delle articolazioni su basi territoriali anche con gli elementi di integrazione che il professor Zennaro ha evidenziato abbiano dimostrato che la scelta che avevamo fatto di articolare e di non concentrare è una scelta che si è rivelata soddisfacente, convincente ma ad una sola condizione, che però non generi fattori di diseconomia ma riesca invece a sprigionare elementi di efficienza funzionale e quindi tenendo anche molto raccordate fra di loro le singole realtà e situazioni ed evitare che ci sia un eccesso di sfrangiamento e un rischio poi di dare spazio anche a dinamiche, l’incrementare dei costi ed anche dei fattori anche di richiesta di domanda di prestazione in proprio e che credo non garantiscano assolutamente una migliore qualità delle condizioni di salute.