Intervento Liberati

Lo strumento “piano per la salute” per incidere positivamente sullo stato di salute di una popolazione
Alessandro Liberati, Direttore Scientifico CeVEAS

Colgo l’occasione di questa giornata per illustrare in due parole, se non tutti lo sanno, che cos’è il CeVEAS visto che, detto così, come sigla, dice poco.
Il CeVEAS è una struttura delle due Aziende Sanitarie modenesi, riconosciuta in ambito regionale, nata con il compito di accompagnare le trasformazioni scientifiche e culturali profonde che, a partire dal Piano Sanitario Nazionale poi da quello Regionale e dal D.lgs 229, hanno cercato di modificare l’attenzione e le priorità nell’ambito dell’erogazione di prestazioni sanitarie avendo come concetti chiave quelli dell’efficacia e dell’appropriatezza degli interventi.
E’ una struttura giovane (esiste da un anno e mezzo) che però ha già dato visibile segno di sé nella provincia di Modena e anche al di fuori, caratterizzandosi con una serie di iniziative pilota ed interventi, rivolti, come diceva il Dott. Rubbiani, sia alla formazione di operatori, sia al mondo dei cittadini.
Ed è su questo che io mi volevo rapidamente soffermare. E’ già stata data, ampiamente, una definizione di cosa s’intende per Piano per la Salute e soprattutto del concetto di patto per la salute che sta sotto quest’affermazione, mi pare però che ci siano due aspetti che vanno fortemente sottolineati nel giustificare da una parte l’importanza di quest’impresa, verso la quale ci stiamo accingendo, e dall’altra la sua assoluta urgenza.
La prima è il dato molto evidente a livello di letteratura scientifica internazionale, del fatto che non esiste una correlazione, sicuramente non diretta ma spesso neanche molto visibile, tra spesa sanitaria e stato di salute dei cittadini.
Questo è un dato ampiamente riconosciuto, ma quello che forse è meno noto è che spesso anche nei paesi che hanno optato per un servizio sanitario nazionale o comunque per sistemi universalistici o quasi universalistici, esistono profonde differenze nel grado di accessibilità ai servizi ed anche profonde differenze quindi nell’impatto sullo stato di salute.
Questo dato va evidentemente preso con grande attenzione e in tutta la sua complessità, perché è sicuramente vero, come ricordava il Dott. Rubbiani, che non esiste una chiara correlazione tra la sanità, il sistema sanitario, e lo stato di salute dei cittadini. Dobbiamo, quindi, essere modesti nell’attribuire complessivamente agli interventi sanitari sì un ruolo, ma certamente non il ruolo principale quali determinante per la salute; su questo abbiamo delle evidenze che ci mostrano come quanto più si spende sulla sanità non necessariamente si trasforma in un miglioramento allo stato di salute. Dall’altro lato, però, sappiamo che là dove esistono interventi efficaci, una disuguaglianza nell’accesso determina spesso il non raggiungimento degli obiettivi possibili. Ecco, in questo quadro che sembra apparentemente coerente, credo si giochi invece l’importanza dell’assunzione del concetto di salute e dell’azione per perseguire la salute come quella di un sistema complesso.
Allora, da questo punto di vista, una delle parole chiave che sta sotto al Piano per la Salute è quella della “intersettorialità”, cioè il riconoscimento che bisogna agire attraverso una cooperazione su più sistemi. Non starò qui a fare degli esempi perché credo che lo farà ampiamente il Dott. Fattori nell’illustrare le linee del Piano per la Salute della provincia di Modena, vorrei soffermarmi però, visto che parlo comunque dal punto di vista di chi si occupa principalmente di interventi sanitari, sul fatto che oggi il mondo della medicina attraversa delle contraddizioni molto profonde. Da un lato è in grado di far sognare, di promettere delle nuove frontiere, e dall’altro apre costantemente e continuamente problemi etici.
Voi sapete, perché se ne parla molto, anche sui giornali, in televisione, ed è stato ripreso in modo importante nella legislazione recente, che oggi la medicina dovrebbe essere guidata da queste parole chiave dell’efficacia e dell’appropriatezza. Questo è nato come movimento culturale, prima all’interno dei professionisti, tra i quali è noto con il termine di “evidence based medicine”, o medicina delle prove di efficacia, che ha rappresentato un po’ la reazione professionale al riconoscimento del fatto che, a livello individuale, del singolo patto medico-paziente, spesso si mettono in atto interventi non giustificati, non appropriati, non in gradi di fornire la salute attesa.
Se però usciamo dal concetto della medicina delle prove d’efficacia come concetto solo professionale e lo vediamo nella sua valenza culturale, il principale significato di questo movimento è la trasparenza, il fatto cioè che i professionisti e il sistema sanitario devono oggi rendere conto delle proprie azioni. Questo comporta una sfida molto importante perché di nuovo, parlando di complessità, noi oggi abbiamo che da un lato la salute è in cima agli interessi della gente, e d’altro canto, però, si è bombardati costantemente da informazioni sensazionalistiche che spesso hanno ben poco di professionale. Contemporaneamente si sa che Modena ha la peggiore classifica per le morti evitabili ed è in cima alla qualità del sistema sanitario. Come si raccapezza il cittadino di fronte a queste cose. Ecco perché un aspetto essenziale della filosofia, della pratica del Piano per la Salute, sarà quello del coinvolgimento del cittadino. Noi, se ne parla nei documenti della Regione Emilia e qui in provincia di Modena, abbiamo già fatto alcune piccole esperienze che adesso saranno messe a regime con la creazione del cosiddetto “Laboratorio del cittadino competente”.
Chi è il cittadino competente? dovrebbe essere colui che per il ruolo e l’impegno che ha a livello di organismi del tessuto sociale funziona da tramite credibile, da testimone autorevole, nei confronti della mediazione del passaggio dell’informazione.
Evidentemente è tutta una sfida da costruire perché anche altri sistemi sanitari europei che prima del nostro si sono mossi nella logica del perseguimento dell’efficacia e dell’appropriatezza, proprio su questa sfida stanno trovando il terreno più difficile. Altra contraddizione che ci sarà sicuramente nell’applicazione del Piano per la Salute sarà come conciliare le esigenze che spesso i rappresentanti dei cittadini hanno, e pensiamo soltanto agli Enti Locali, nella tutela delle richieste della propria cittadinanza, e il perseguimento di un’assistenza sanitaria efficace ed appropriata che spesso vuol dire anche andare contro a quello che comunemente si pensa.
Avere più servizi sicuramente non vuol dire avere più salute, spesso avere più servizi vuol dire avere servizi la cui qualità non è garantita.
Questo non è certamente un concetto facile, bisogna ricostruire su questo un profondo tessuto di fiducia tra cittadini e istituzioni, e credo che questo sia un compito fondamentale. D’altro canto, dicevo, c’è un’altra novità, questo movimento culturale della “evidence based medicine”, della medicina delle prove di efficacia che, però, è sicuramente insufficiente per essere preso come unico faro in questo discorso, perché oggi noi dalla ricerca medica sappiamo abbastanza, non quanto vorremmo, ma sappiamo abbastanza su come promuovere interventi efficaci e come eliminare interventi inefficaci, però questo è quello che si gioca a livello del singolo atto medico. La ricerca si occupa molto poco di valutare l’efficacia degli interventi sulle popolazioni e sui gruppi di individui, quindi non dovremmo nemmeno pensare che l’assenza delle prove di efficacia debba essere utilizzata come uno stop a interventi che possano avere un impatto importante sul piano sociale anche se il ruolo del CeVEAS sarà sempre quello di fare il controllore cattivo sulla bontà scientifica dei progetti. Spesso la ricerca medica tende ad essere molto riduttiva e tende a perdere di vista, per esempio, che magari si vanno a studiare i determinanti più fini di un certo stato di salute e si perde di vista che ci sono interventi e politiche sociali che vanno in direzione completamente opposta a quelli che dovrebbero essere i modi per risolvere i problemi. Basta pensare a quanto poco ci si occupa spesso del ruolo delle disuguaglianze sociali rispetto all’impatto e a all’efficacia degli interventi sanitari.
Credo che questa sia una sfida anche per il movimento della medicina delle prove di efficacia e sarà un terreno importante sul quale valutare l’impatto di questi interventi. Si potrà verificare quando scenderemo sul piano concreto della definizione dei progetti: sia i progetti mirati a tipi di malattie, sia i progetti mirati a favorire l’utilizzazione dei servizi per gruppi di età o gruppi di cittadini, sia sui temi a valenza trasversale; si è parlato dei trasporti, dell’alimentazione e quant’altro.
Ritengo che il contributo che possa essere dato da chi si occupa principalmente di raccogliere dalla letteratura internazionale e dalla ricerca scientifica gli elementi più promettenti per quello che potrà essere un discorso di Piano per la Salute, sia quello di richiamare costantemente l’attenzione su quello che sappiamo circa le modalità di implementazione degli interventi. Spesso in campo sanitario si ragiona troppo per “non può che far bene” “non può che essere così”; questo è molto criticato a livello dell’atto del singolo professionista ma non viene, secondo me, sufficientemente criticato quando è tradotto a livello di interventi di sanità pubblica. Non è vero che quello che è ovvio non può che far bene, come sappiamo non è vero che la sola informazione modifica i comportamenti. E’ necessaria pertanto un’attenta riflessione su quelle che sono la complessità dei determinanti tra interventi e risultati importanti, e dall’altro però credo dobbiamo mantenere un atteggiamento prudente e realistico su quello che le evidenze della conoscenza scientifica possano dare. Spesso le evidenze sono tradotte solo sulle cose che hanno più mercato e trascurano invece le cose che hanno meno mercato.
Questo è un altro compito importante nell’ambito della definizione di priorità per quelle che saranno le tappe del Piano per la Salute.