Organizzazioni sociali, istituzioni e cittadini: una cooperazione necessaria per elevare i livelli di salute
Morena Piccinini, Segretaria Provinciale CGIL
Come OO.SS. confederali abbiamo condiviso lo spirito del terzo piano sanitario regionale e l’obiettivo di realizzare concretamente il “patto di solidarietà per la salute” che sta alla base del Piano Sanitario Nazionale. Tutto il piano sanitario è permeato di un obiettivo: quello di una nuova programmazione concertata per completare la riorganizzazione del sistema sanitario, ponendo al centro i cittadini e i loro bisogni di salute, anche con il grande rilievo attribuito alla messa in rete dei servizi, con particolare attenzione a quelli territoriali ed alla integrazione tra sociale e sanitario.La filosofia politica della programmazione negoziata trova nuovo impulso anche sui temi della sanità, rispondendo ad una sollecitazione che attiene più in generale alla programmazione dello sviluppo qualitativo, fattore essenziale affinché l’economia, il produttivo e il sociale abbiano una loro coerenza di disegno strategico e possano produrre una sintesi positiva e non contraddittoria con i bisogni delle persone.
Il banco di prova di questo nuovo corso è dato dalla redazione dei Piani di salute. In questi troviamo l’opportunità’ di una riflessione e gestione alta del tema “salute”, a partire dalla prevenzione e dall’insieme di azioni di contesto indispensabili per parlare non solo di cura ma di promozione della salute.
Se condividiamo che per la promozione della salute non basta intervenire sulle strutture sanitarie, ma occorre agire anche a monte nella programmazione e gestione delle infrastrutture, nella scelta degli insediamenti produttivi, nella gestione dei problemi ambientali, che occorre agire sugli stili di vita e sulle consuetudini dei consumi, occorre un forte collegamento con gli stessi luoghi della istruzione e della formazione, nonché con i luoghi della produzione, allora è chiaro che la possibilità di realizzare i piani di salute è attribuita non solo e non tanto alla quantità-qualità dei servizi sanitari, ma soprattutto alla loro capacità di essere integrati in una programmazione più complessiva.
Sia chiaro, come CGIL-CISL-UIL ribadiamo l’esigenza di riprendere al più presto il confronto sulla redazione del prossimo PAL, preceduto da una seria verifica sull’attuale assetto della rete e della capacità di risposta distrettuale, ma l’importanza strategica che attribuiamo alla redazione dei piani salute ci fa preoccupare ancor più per i tempi e le modalità con le quali questo percorso si è avviato. In tutta franchezza si ha, per l’ennesima volta, la percezione di una sostanziale delega delle autonomie locali alle aziende sanitarie nell’affrontare questo tema complesso.
Dal lavoro della Commissione tecnica provinciale è importante che escano indicazioni, concordate con le parti sociali, da poter tradurre a livello distrettuale ma anche materiale informativo che renda direttamente partecipe e consapevole il singolo cittadino.
Pero’, poi, è altrettanto importante la reale ricaduta sui distretti delle singole elaborazioni della Commissione.
Se è nei distretti la sede di analisi dei fattori di rischio concreti e delle decisioni sulle azioni conseguenti, ciò’ esige:
- una disponibilità’ della Dirigenza ASL non improntata a centralismo bensì a riconoscimento di reale ruolo dei distretti
- una principale responsabilità’ dei sindaci che, ripeto, dalla analisi sui fabbisogni per i piani di salute, probabilmente dovranno far discendere azioni concrete anche sul piano strutturale, il che significa investimenti, può’ voler dire costi, quindi è inevitabile il collegamento alla politica complessiva e alla gestione degli stessi bilanci.
E’, inoltre, questa la sede nella quale, sulla base dei bisogni espressi, verificare la congruità dell’insieme dei servizi sanitari e socio-sanitari offerti e, in particolare, la loro dislocazione territoriale.
Si tratta, in sostanza, di elaborare politiche complesse, per le quali l’integrazione delle funzioni proprie dei diversi soggetti è indispensabile.
Se, ad esempio, sollecitiamo con forza e da tempo una politica di interventi integrati sulla prevenzione infortunistica sui luoghi di lavoro, che parta addirittura dalla formazione scolastica e professionale, allo stesso modo il problema va affrontato per quanto riguarda tutti gli altri aspetti che concretizzeranno i piani di salute.
Ancora, sempre in materia infortunistica: se sono moltiplicati gli infortuni in itinere, significa non solo che i lavoratori si spostano di più per lavoro, ma anche che vanno affrontati problemi strutturali circa la viabilità e che lo stesso trasporto pubblico va ritarato sulla base della dislocazione dei nuovi insediamenti produttivi e del mutare degli orari di lavoro, altrimenti rimane inaccessibile ai più.
L’impegno che riteniamo essenziale non è solo quello istituzionale, ma anche quello dei luoghi della produzione. Sempre più la qualità di tutto il ciclo produttivo si manifesta non solo come fattore competitivo, ma indispensabile per la stessa salute delle persone. Dimostrazione chiara è data dalle recenti vicende della mucca pazza: l’investimento in qualità salvaguarda la salute del consumatore e premia lo stesso mercato, il contrario stiamo verificando tutti quali effetti produca sugli atteggiamenti individuali e, di conseguenza, sull’intero ciclo produttivo.
E’ certamente un percorso complesso, tuttavia riteniamo che i tempi si stanno facendo molto, troppo lunghi, anche su azioni possibili che hanno già alle spalle un lungo percorso di elaborazione e di individuazione di azioni. Mi riferisco alla proposta di patto per la promozione della salute delle persone anziane, condiviso dalle OO.SS. e dalle istituzioni ben prima del 3° P.S.R., che ora ha solo bisogno di essere attuato perchè già pienamente rispondente, sia nella metodologia che nelle proposte, agli obiettivi dello stesso P.S.R.
L’efficacia dei piani per la salute dipende molto anche dai tempi con i quali si riesce a trasmettere in modo convincente la percezione che qualcosa sta cambiando; il rischio della disillusione produce effetti opposti sia negli operatori che nei cittadini.
Le OO.SS. riconfermano, in questa sede, non solo l’esigenza di un coinvolgimento fattivo, in quanto soggetti rappresentanti della domanda, ovviamente insieme ad altri soggetti organizzati, ma anche la disponibilità di organizzazioni, che relazionano con migliaia di lavoratori e pensionati, a diffondere informazione e svolgere azione di sensibilizzazione.
In questo senso ci muoviamo con ottica non solo contrattuale ma soprattutto collaborativa, come abbiamo già dimostrato con la campagna di screening per la prevenzione dei tumori femminili, quando la campagna di informazione, promossa anche dalle organizzazioni sindacali ha permesso di realizzare importanti risultati.
Per questi motivi, non ci limitiamo a chiedere informazione sulle azioni predisposte, chiediamo sedi provinciali e distrettuali di confronto, perchè ciò è anche indispensabile per trasmettere il valore delle azioni stesse a lavoratori e pensionati.
Altro aspetto rilevante sarà la verifica dell’efficacia degli strumenti e dei messaggi elaborati. Incidere sugli stili di vita non è certo semplice, se si vogliono evitare allarmismi dannosi e/o sottovalutazioni, allo stesso modo con cui il semplice divieto del fumo non è sufficiente a ridurre il tabagismo, perchè occorre un messaggio molto piu’ complesso, che renda profondamente consapevoli del rischio da fumo, a partire dai giovani.
Proprio per questi motivi, riteniamo che gli stessi cittadini presi singolarmente, e non solo attraverso rappresentanze, debbano avere la opportunità di interloquire sulle azioni messe in campo e di essere testimoni diretti della loro efficacia.
Significa che il rapporto con loro non puo’ essere solo formale, ma diretto, con iniziative specifiche di dialogo e informazione che partano dalla scuola e arrivino ad assemblee nei quartieri e nei singoli comuni.
Quindi, per tutti, occorrono un grande investimento e disponibilità al dialogo e al coinvolgimento, per costruire un rapporto concreto che riduca effettivamente, nel tempo, i fattori di rischio e permetta, di conseguenza, di riproporzionare e ridurre il peso specifico che ha attualmente la cura sulla prevenzione.
Sono, queste, premesse indispensabili per poter affrontare anche il tema della riorganizzazione della struttura sanitaria, mettendo realmente nella condizione di ragionare con diverso spirito circa il numero e la dislocazione dei posti letto; il non rendere efficiente ed efficace queste azioni di premessa comporta l’inevitabile conseguenza di concentrare l’attenzione di tutti, a partire dai cittadini, esclusivamente sulla risposta sanitaria a partire, appunto, dai posti letto.