La Conferenza Sanitaria Aperta del 29 gennaio 2001 – Interventi
Sintesi dell’intervento
Roberto Rubbiani, Direttore Generale Azienda USL di Modena
Premetto che col mio contributo vorrei soprattutto portare delle informazioni per metterle a disposizione della discussione.
Innanzi tutto vorrei ricordare il carattere di “avvio di un percorso” che vuole caratterizzare questa giornata, a questa, in sede di CST o di Comitati di Distretto seguiranno momenti organizzati, in particolare con i rappresentanti sindacali e con il mondo del volontariato, per presentare le strategie del 2001 e per portare avanti il progetto per il piano per la salute.
Mi preme in ogni caso richiamare, oltre al portare informazioni, come in questi ultimi due anni l’azienda territoriale si sia attrezzata per reggere il peso della novità “Piano della Salute”.
Per tornare all’impegno di dare delle informazioni, vorrei un attimo accennare alle novità, abbastanza complesse, introdotte nell’ordinamento da una serie di norme che hanno modificato significativamente gli assetti programmatori in campo sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, in nome di una lunga linea d’integrazione.
Oggi la programmazione in sanità assume l’immagine di un edificio, della costruzione di un palazzo ad otto piani, tanti sono i passaggi ed altrettanti gli strumenti di programmazione che dividono il primo momento che, per comodità non individuo nel piano sanitario nazionale ma nel piano sanitario regionale (altrimenti i piani sarebbero nove), e la linea che produce ed eroga le prestazioni e i servizi assistenziali.
Se otto sono i passaggi però i livelli fortunatamente sono molto di meno. I livelli cosiddetti istituzionali sono tre e si dividono su quello regionale, su quello degli enti locali della Provincia e su quello delle aziende o comunque del sistema organizzativo ed erogativo. La distribuzione degli strumenti a questi livelli è abbastanza semplice: dopo un approccio che è stato inevitabile, di studio e d’approfondimento, si vede una chiarezza in questo disegno, una sua razionalità, non deve quindi preoccupare il numero dei passaggi perché sanità, assistenza sociale sono funzioni sociali complesse e i problemi complessi richiedono non delle soluzioni semplicistiche, semmai, semplificate.
Al livello regionale compete, ovviamente, l’approvazione del piano sanitario regionale e del piano attuativo regionale; al livello provinciale, lo ricordava il Presidente della conferenza, l’approvazione della conferenza stessa del piano per la salute e la sua elaborazione con un vasto coinvolgimento; al livello gestionale e quindi a livello delle aziende e in particolare dell’azienda territoriale, incontriamo il piano attuativo locale che un tempo era noto solo per riprogrammare la funzione ospedaliera e che invece, nella nuova visione, interessa tutta la struttura organizzativa preposta all’erogazione. Il piano programmatico, il piano delle azioni aziendali, il piano delle attività territoriali.
Al livello produttivo, a livello quindi tecnico-professionale, la linea di produzione, troviamo i piani di produzione.
Fatta questa necessaria, forse utile, premessa sui livelli di programmazione nella sanità, per affrontare il tema del piano per la salute esordirò avvalendomi di una citazione che ho trovato rileggendo materiale di parecchio tempo fa, che avevo messo in serbo per un’occasione che si fosse presentata, e a parer mio si è presentata oggi. E’ un brano di una composizione filosofica cinese del III secolo a.C. e che vi leggo testualmente.
“Pannam, che è un personaggio, disse al principe Zeghiang – non avete saputo che il duca Uen dello stato di Uei ha interrogato il grande medico Biancque domandandogli “chi tra te e i tuoi fratelli è il miglior medico?”. Biancque allora ha risposto “il più anziano è il migliore, poi viene il secondo ed io sono il meno degno dei tre” e il duca ha chiesto “posso sapere la ragione?” Bianque ha risposto “Il mio fratello più anziano cura le malattie in modo assolutamente divino, prima che esse si manifestino egli le ha già eliminate. In questo modo la sua fama non si è mai estesa al di fuori della sfera del nostro clan. L’altro fratello, a sua volta, cura le malattie in modo molto appropriato ed accurato ed il nome non è conosciuto al di fuori del nostro distretto. Per quel che riguarda me, io esercito la mia professione con gli aghi, esamino le pulsazioni e prescrivo i farmaci e sono in grado di comprendere ciò che avviene tra la pelle e la carne; in questo modo il mio nome è diventato noto tra tutti i principi del regno e tutti i feudatari”.
Ecco, se si parla di piano per la salute, si parla di uno degli strumenti alti per programmare le politiche per la salute, é, ricordava il Presidente Pattuzzi, la competenza della conferenza sanitaria territoriale. Questo è un primo incontro di lavoro dedicato ai rappresentanti delle formazioni sociali e del composito mondo del volontariato. Un gruppo di attori molto importanti che insieme ad altri gruppi cooptati e coordinati dalla conferenza, concorrono alla elaborazione del piano e, dopo l’approvazione da parte della conferenza, alla sua attuazione in funzione del miglioramento continuo del livello di tutela della salute della popolazione provinciale, apportando contributi diversi che dovranno integrarsi.
La previsione di un piano per la salute e di un patto che lo sostenga, è coerente e funzionale al disegno tracciato dal terzo piano sanitario che per l’implementazione diffusa dei suoi contenuti strategici individua due percorsi paralleli integrati continuamente tra di loro: la politica della salute, quindi obiettivi di salute e piano per la salute e la politica dei servizi, il piano delle azioni. Il processo graduale di costruzione del piano offrirà occasione per meglio esplicitare i contenuti, le competenze, ecc.
Quello che ritengo utile sottolineare particolarmente, nel momento di avvio del lavoro per l’elaborazione del piano, da intendere, è importante, come specificazione locale degli obiettivi di salute, è la sottolineatura di cambiamento del paradigma concettuale nell’approccio al tema della salute introdotto dal III Piano sanitario della regione Emilia-Romagna.
E’, infatti, concettualmente ormai acquisita da tempo, anche se insufficientemente applicata, la consapevolezza (che è già un principio cardine della carta dell’OMS del 1948) che la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di stato di malattia od infermità. La carta di Ottawa evidenzia tre requisiti fondamentali per la salute: la pace, le risorse economiche adeguate, l’alimentazione, l’abitazione, un eco sistema stabile ed un uso sostenibile delle risorse.
Alla luce di dati epidemiologici già verificati e consolidati anche sul piano scientifico (e non è secondario), non vi è dubbio che una politica per la salute per poter essere efficace deve spingersi oltre la semplice assistenza sanitaria, essendo la salute la risultante di diversi determinanti riconducibili a fattori immodificabili come quelli genetici, il sesso e l’età; e a fattori modificabili quali quelli socio economici, quelli ambientali, gli stili di vita e l’accesso ai servizi di assistenza.
Il piano sanitario nazionale indica come prevalente nel nostro paese i seguenti determinanti: i consumi alimentari, l’abitudine al fumo, il consumo di alcool, l’attività fisica, l’uso del trasporto privato; parallelamente indica le malattie cardiovascolari e quelle tumorali come le principali cause di morte. La situazione regionale e quella provinciale sono simili tra di loro e, rispetto a quella nazionale, accentuano verosimili margini di miglioramento quali gli stili di vita i fattori ambientali, gli incidenti e infortuni, condividendo in questi campi i problemi tipici delle aree del paese a maggiore sviluppo economico. Rimando, per chi volesse, alle letture, almeno dal punto di vista dell’azienda territoriale, sul tema delle morti evitabili.
Questo inquadramento dei problemi ovviamente può utilizzare un altro dato importante consolidato della letteratura internazionale; quello dell’effetto positivo della prevenzione primaria sulla spesa sanitaria. E’ ormai dimostrato che i maggiori risparmi sono conseguenti alla riduzione delle patologie non fatali che causano non auto-sufficienza. Ed è di questi elementi che, per esempio, l’azienda sanitaria modenese ha tenuto molto conto nel programmare le priorità ed eseguire delle azioni integrate di prevenzione primaria e secondaria, ottenendo dei risultati incoraggianti, anche se ancora insufficienti, nella prevenzione e cura di alcuni tipi di tumori, nel contenimento del trend di crescita degli infortuni sul lavoro, (confermato anche per il 2000), nella riduzione significativa di numerose malattie infettive.
Quindi, il piano della salute, dopo queste premesse, si presenta come uno strumento convincente, anche se di impegno estremo e non privo di qualche elemento di rischio, per la transi la salute.
La conquista della salute non deve essere una conquista esclusiva degli operatori della sanità, essa deve impegnare tutti i soggetti sociali ed istituzionali in un confronto continuo, partecipato, rispettoso della complessità sociale senza perdere tempo nella ricerca di scorciatoie.
La domanda di salute attiene a progetti assistenziali ed alla qualità della vita e deve impegnare l’intera comunità, le istituzioni, la famiglia, la scuola, il lavoro i gruppi sociali organizzati. E’ diversa dalla domanda di sanità che si dissolve in prestazioni tecnico-professionali valide e garantite a tutti i cittadini prodotte ed erogate in un contesto organizzativo gestionale di estrema complessità, ma pur sempre connotato tecnicamente. E’ anche per questo motivo che le aziende sanitarie non rappresentano un fine per il sistema ma un suo strumento.
Il piano per la salute è un piano poliennale di azione, elaborato con il concorso di una pluralità di attori, coordinati dal governo locale. Ecco, l’ultimo accenno lo faccio al governo locale, agli enti locali ed al rapporto con l’organizzazione dei servizi, che impegnano energie e risorse umane e materiali allo scopo di promuovere e migliorare la salute di una determinata popolazione, intervenendo sui suoi determinanti principali al fine anche di orientare coerentemente l’azione dei servizi di assistenza, cioè il sistema organizzato delle cure.
Nell’ambito del nuovo paradigma concettuale il piano per la salute è perciò lo strumento capace di far interagire utilmente e socio sanitari delle aziende, il concorso dell’università, i servizi degli enti locali, l’apporto dell’associazionismo, del volontariato, del terzo settore, del privato profit, dell’imprenditoria, della scuola, delle agenzie periferiche dello stato e della regione , si pensi: all’ARPA, al Vigili del Fuoco, all’Ispettorato del Lavoro, all’INAIL delle professioni.
L’obiettivo assegnato a questo straordinario impegno di natura pluralistica e partecipativa è perciò quello di migliorare la qualità della vita mettendo il cittadino al centro del sistema quanto più possibile, compito che spetta alle istituzioni di governo locale, alle quali è affidato un ruolo pilota per coinvolgere le forze e le espressioni della società locale ed orientare l’azione dei servizgrave; e competenze. Il ruolo preminente degli enti locali nella elaborazione e formazione del piano per la salute, è coerente con le competenze cosi dette generali di queste istituzioni, che impattano molti dei fattori che condizionano lo stato di salute dei cittadini oltre ad essere coerente con il mandato di rappresentanza direttamente ricevuto.
Rafforzati dal modello di decentramento in chiave di federalismo già avviato che ne accentua i livelli di autonomia e di responsabilità, in un disegno caratterizzato da elementi importanti di sussidiarietà, gli enti locali assumono anche ruolo di protagonisti dell’integrazione socio-sanitaria istituzionale; passaggio alto e determinante per realizzare la tutela della salute mediante una continuità assistenziale che taglia trasversalmente competenze e strutture.
Gli enti locali aggiungono questa competenza a quelle loro già assegnate all’interno dell’organizzazione sanitaria: programmazione e verifica dei risultati delle organizzazioni aziendali in funzione proprio degli obiettivi di salute e delle compatibilità di sistema.
Il federalismo sanitario solidale già modellato, avvicina gli amministratori agli amministrati e permette di tarare al meglio l’offerta agli effettivi bisogni di salute valutati su un campo di ampiezza provinciale.
La possibilità di adattamenti di scala inferiore a quella provinciale, cioè municipali o di area distrettuale, può essere ricercata negli ambiti dei programmi delle attività territoriali presentati dai Distretti ai comitati distrettuali dei sindaci, compatibilmente con gli obiettivi di salute per il piano della salute e con il piano aziendale delle aziende.
Ho cercato di tratteggiare alcuni elementi che aiutino a capire il percorso che intraprendiamo con il Piano per la Salute. Spero di esserci riuscito e di avere così contribuito a chiarire il senso di questa giornata.